venerdì 16 maggio 2014

Per quanto tempo ancora?

E’ notizia di oggi che il mitico PIL è di nuovo disceso, e forse stiamo raggiungendo il non invidiabile record di un thriple-dip, un terzo lancinante tuffo nella recessione.
Ma davvero qualcuno aveva creduto che la ripresa arrivasse così, per miracolo, senza fare nulla?
Davvero qualcuno ha creduto che gli 80 euro promessi da Renzi, destinati peraltro ai lavoratori dipendenti già in possesso di stipendio, innescassero un volano magico in virtù di una minore propensione al risparmio di questi contribuenti?
L’unica propensione che i lavoratori dipendenti non hanno è quella all’evasione fiscale, e questo semplicemente perché non possono.
E gli autonomi, le finte partite iva, i disoccupati di lungo periodo? Qualcuno ci ha pensato?
Pensavate forse che una maggiore flessibilità delle regole sul lavoro portasse più occupazione, come se gli imprenditori in crisi non volessero assumere per mera paura dei contratti a tempo indeterminato e non perché non hanno un mercato interno a cui vendere i propri prodotti? Un fallimento decennale delle politiche sul lavoro non vi ha insegnato proprio nulla?
Quanto tempo ancora vogliamo perdere aspettando che le cose si mettano a posto da sole?
Perché non lo faranno, sapete.
E – abbiatelo ben chiaro - andrà peggio.
Se il lavoro manca, non è giusto che i costi sociali siano a carico delle imprese. Imporre il tempo indeterminato significa che sono le imprese a doversi far carico dei lavoratori anche se del loro lavoro non c’è bisogno; flessibilizzare oltre misura significa al contrario trasformare i lavoratori in schiavi impossibilitati a programmare il proprio futuro. Infine, ovviamente, ci sono quelli che approfittano della crisi per aumentare i propri ricavi a spese dei lavoratori.
E siccome siamo tutti collegati, dall’incertezza sul futuro deriverà minore propensione alla spesa, dagli stipendi bassi minori possibilità di consumo; da minore propensione alla spesa e minori possibilità di consumo ovviamente deriveranno minori acquisti, minore produzione e, immaginate un po’, minore occupazione.
E che succede se sommi minore produzione e minore occupazione (e quindi minor reddito per lo Stato conseguente a minori ricavi dalla tassazione) a fronte di una conseguentemente aumentata necessità di spese sociali? 
Indovina un pò: ottieni un maggior debito pubblico.
Et voilà…ecco che occorre una nuova manovra, nuove tasse, altrimenti i mercati non si fidano e salgono gli interessi sul debito…magari riduciamo gli stipendi nel pubblico impiego…e il circolo della recessione riparte e si moltiplica esponenzialmente.
E infatti è esattamente quello che sta accadendo. Già sono partite le prime voci sulla necessità di una nuova manovra.
Per quanto tempo ancora crederemo ai proclami sulla luce in fondo al tunnel e rifiuteremo di vedere invece l’enorme treno dell’ovvio?
Lo Stato – non le imprese, non è il loro ruolo - deve tutelare il lavoratore, il suo cittadino, e non il lavoro in sé. Anche perché la crescente incidenza della tecnologia nelle nostre vite ridurrà sempre di più il numero di posti di lavoro disponibili, e nessuna riconversione darà mai tanti posti di lavoro quanti ce n'erano prima delle varie rivoluzioni industriali.
Amiamo evitare le file in autostrada con il telepass, ma abbiamo bisogno di meno casellanti; risparmiamo con gli e-book ma servono meno lavori di stampa, distribuzione, librerie; abbiamo efficienti archivi elettronici, ma meno archivisti; avremo stampanti 3d per costruire case economiche per tutti, ma meno bisogno di muratori…la lista potrebbe, ed andrà, statene certi, avanti all’infinito.
Il futuro non può e non deve essere fermato: siamo noi a dover cambiare i nostri schemi così da coglierne tutte le opportunità.
Reddito di cittadinanza, allora, certo: redistribuire le risorse, far ripartire i consumi, dare la possibilità a tutti di vivere una vita dignitosa e non dover accettare lavori sottopagati.
Ma occorre trovare molte risorse, ed evitare che (siamo sempre in Italia) molti percepiscano il reddito di cittadinanza e poi lavorino in nero, potendo far così anche concorrenza – a basso prezzo – ai lavoratori onesti.
E’ per questo che occorre tracciare tutto: eliminare la moneta contante farà emergere le risorse finora occultate (nei grandi numeri che abbiamo spesso descritto in questo blog) ed impedirà abusi da parte delle imprese e dei percettori del reddito di cittadinanza. Reddito di cittadinanza ed eliminazione del contante devono andare a braccetto sin dall’inizio, altrimenti il sistema non funzionerà.
Fino a quando rifiuteremo di vedere che questo è l’unico modo per innescare un circolo virtuoso che ci porti oltre questa recessione?
Per quanto tempo ancora i nostri egoismi personali ci terranno nel tunnel?
Staremo ancora a parlare di privacy delle transazioni mentre il nostro treno deraglia?

Vogliamo finalmente parlarne?

lunedì 12 maggio 2014

In Inghilterra si afferma la tecnologia contactless

Sergio Boccadutri, deputato di Sel, in un recente comunicato stampa, ha dato rilevo alla notizia che, nei supermercati inglesi Tesco, sono stati introdotti massicciamente Pos con tecnologia ‘contactless’ per i pagamenti elettronici.
Contactless è una tecnologia utilizzabile per pagamenti di inferiori a 20 sterline, e significa che non c'è bisogno di digitare il PIN. I vantaggi per i consumatori sono la velocità di acquisto, con meno code e senza necessità di avere con sé spiccioli o riceverli in cambio; ai dettaglianti invece piace perché non devono gestire grandi quantità di monete.
Anche Marks & Spencer ha introdotto i pagamenti contactless nei suoi 25 negozi più frequentati di Londra e un numero di punti vendita Simply Food. Asda sta testando in 25 punti vendita di Londra, e Waitrose ha il sistema disponibile in 10 negozi pagamenti, con l'intenzione di introdurre al resto dei suoi rami. The Co -op ha iniziato un processo nei negozi all'interno del centro M25 e Manchester city. Dal 2013 l’intera rete di trasporto di Londra accetta i pagamenti contactless.


L’incentivazione della tecnologia contactless – ha affermato l’on. Boccadutri - è proprio alla base della mia proposta di legge sulla promozione degli strumenti di pagamento alternativi al contante. In Italia ci sono diverse positive iniziative per l’introduzione di tecnologie Nfc (comunicazione in prossimità) come quelle lanciate da Telecom Italia e Vodafone. Ma in Italia, dove 9 pagamenti su 10 sono in contante, queste iniziative richiedono un sostegno delle istituzioni. Epayment significa tracciabilità, riduzione costi del contante (8 miliardi l’anno) e modernizzazione del sistema paese. E’ ora che la politica affronti questa discussione fino in fondo.

mercoledì 7 maggio 2014

Le misure di contrasto all’evasione fiscale nella Relazione di Susanna Camusso

Qualcuno per fortuna sembra ancora volersi occupare del contrasto all’evasione fiscale.
La lotta al contante, abbandonata da Renzi dopo gli iniziali buoni propositi, riemerge nella parole pronunciate da Susanna Camusso al XVII Congresso CGIL in corso a Rimini.

Le proposte in sintesi:

1) ripristinare il reato di falso in bilancio come impedimento a costituire fondi per la corruzione;
2) unificare e far comunicare le banche dati;
3) portare la soglia di tracciabilità del contante a 300 euro;
4)  impedire e perseguire  l’autoriciclaggio.

“ Un grande risparmio nella movimentazione del contante, una maggior  sicurezza delle persone, la possibilità di far scendere i costi che oggi gravano sulla moneta  elettronica. Introdurre i vantaggi fiscali della deducibilità, introdurre la fermata del lavoro se si evade. Ovviamente la proposta è aperta a CISL e UIL, sono scelte anche radicali, ma essenziali, se strumento per uscire dalla perenne rincorsa ai tagli per assenza di risorse. “

(Fonte: XVII CONGRESSO NAZIONALE CGIL 'IL LAVORO DECIDE IL FUTURO' Relazione del segretario generale, Susanna Camusso)

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