giovedì 23 gennaio 2014

I dati drammatici che emergono dal Bilancio 2013 della Guardia di Finanza

I dati che seguono dovrebbero mettere definitivamente a tacere tutti coloro che difendono l’uso del contante con l’affermazione :”Tanto la vera evasione avviene con modalità sofisticate da parte delle grandi società, non certo in contanti!”.
Come è nostra buona abitudine vediamo cosa ci dicono i dati, e il bilancio della Guardia di Finanza 2013 ci apre davvero gli occhi.
Il Bilancio 2013 della GDF ci dice che sono stati sottratti a tassazione in Italia, nel solo 2013, 51,9 miliardi. 
Il dato riguarda redditi e ricavi non dichiarati e costi non deducibili scoperti dalla Gdf sul fronte dell’evasione internazionale (15,1 mld), dell’evasione totale (16,1 mld) e di fenomeni evasivi come le frodi carosello, i reati tributari e la piccola evasione (20,7 mld). 
E questo dato riguarda solo l’evasione scoperta dalla GDF, non quella effettiva!
Sono 8.315 gli evasori totali scoperti dalla Guardia di Finanza nel 2013 in Italia. Questi soggetti, completamente sconosciuti al fisco, hanno nascosto redditi - che dovevano essere soggetti a tassazione - per 16,1 miliardi.
Un'attività commerciale su tre ha emesso nel 2013 una ricevuta o uno scontrino fiscale irregolare o non lo ha proprio emesso. Degli oltre 400mila controlli eseguiti sul rilascio di scontrini e ricevute dalla Guardia di Finanza nell'anno appena concluso, sono state riscontrate irregolarità nel 32% dei casi (praticamente uno su tre!).
E' di  4,9 miliardi l'ammontare dell'Iva evasa nel 2013 dagli italiani. Di questi 4,9 miliardi, solo due sono riconducibili a frodi carosello, quelle basate su false transazioni commerciali con l'estero.
Sono invece 14.220 i lavoratori completamente in nero scoperti nel 2013 e 13.385 irregolari, impiegati da 5.338 datori di lavoro.
Siamo sicuri che vogliamo rinunciare a risorse così ingenti in nome di una privacy la cui inesistenza nella realtà dovrebbe essere ormai evidente a tutti?

Quando vogliamo cominciare a parlarne davvero?

lunedì 20 gennaio 2014

I dati sulla falsificazione delle banconote in Europa e in Italia: un altro argomento a favore dell’abolizione del denaro contante.

Per esaminare più da vicino i rischi connessi all’uso del contante, non è sufficiente considerare solo quelli relativi a furti rapine e borseggi, ma è utile prendere in considerazione anche i dati relativi alla circolazione di banconote false.
Guardiamo quindi – come al solito - i dati a nostra disposizione: nella seconda metà del 2013 sono state ritirate dalla circolazione 353.000 banconote in euro false. Tale numero, pur non essendo rilevantissimo rispetto al numero di banconote attualmente circolanti, è comunque tale da destare una  certa preoccupazione, soprattutto se mettiamo questo dato in relazione al valore delle banconote falsificate.
Difatti, scendendo più nel dettaglio, osserviamo che i tagli da €20 e €50 fanno registrare il numero più elevato di falsificazioni: nell’insieme questi due tagli rappresentano il 78% dei falsi.
Il  numero di banconote false da €10, seppure in aumento, corrisponde ancora ad appena il 6,3% del totale.
La percentuale di banconote false da €20 è pari al 43% del totale, quella delle banconote false da € 50 è pari al 35% del totale, mentre la percentuale di banconote false da €100 è pari al 12.9% del totale (Fonte: Comunicato stampa Banca centrale europea - Direzione Generale Comunicazione e servizi linguistici, Divisione Stampa e informazione).
Quindi, nel solo secondo semestre del 2013 sono circolate 151.790 banconote false da € 20, per un valore di € 3.035.800; 123.550 banconote false da € 50, per un valore di € 6.177.500 e 45.537 banconote false da € 100, per un valore di € 4.553.700.
E di queste banconote false quante sono state individuate in Italia?
In Italia nel secondo semestre 2013 sono state riconosciute come false 69.895 banconote, con un aumento del 10% rispetto ai sei mesi precedenti. La cifra di quasi 70mila banconote false equivale a quasi il 20% delle 353.000 banconote false nell'Eurozona in quel periodo (fonte: Bankitalia).
In tutti questi casi la portabilità e l’anonimato della banconota non consentono l’adozione di efficaci e tempestivi strumenti di tutela come quelli offerti dalle carte elettroniche, che possono essere bloccate in caso di furto o clonazione oppure sulle quali è possibile disconoscere una spesa non effettuata: in caso riceviate una banconota falsa recuperare i propri soldi è un’opzione di difficile praticabilità.
Unendo questi dati a quelli già diffusi su questo blog relativamente ai furti, ai borseggi ed alle rapine, possiamo davvero sostenere che il contante è il mezzo di pagamento e di risparmio più sicuro? O forse è più sicuro solo se il denaro lo vogliamo occultare?

Ne vogliamo parlare?

giovedì 16 gennaio 2014

La posizione di Matteo Renzi sull'abolizione del contante

Matteo Renzi, nella sua e-news, rende manifesta la sua posizione in merito all'abolizione del contante.
Se Davide Serra, finanziere vicino al Segretario PD, in un recente intervista al Sole24ore ha caldeggiato l'abolizione tout-court della moneta contante come mezzo primario per combattere la dilagante evasione fiscale, come al solito la posizione di Renzi si mantiene più mediana.
Nella sua e-news Renzi infatti afferma: "Continuano a dire che per eliminare l'evasione bisogna ridurre il contante. Non c'è dubbio che più la moneta è elettronica, più si elimina spazio per chi evade. Ma dobbiamo essere seri. Se vogliamo investire sulla moneta elettronica, che è oggettivamente il futuro, dobbiamo abbassare le commissioni bancarie, investire sulla tecnologia, togliere agli istituti di credito la pretesa di essere gli unici player di questa partita."
Renzi riconosce quindi la necessità della misura, ma cerca un temperamento nei confronti di chi teme un eccessivo vantaggio dato agli istituti bancari: una posizione del tutto condivisibile se l'accento resterà sulle misure da adottare per temperare questo vantaggio e non diventerà solo un modo per dilazionare all'infinito un intervento la cui adozione è ormai divenuta urgentissima.

martedì 7 gennaio 2014

Rendere tutte le spese scaricabili per tutti rappresenta un più efficiente sistema di contrasto dell’evasione fiscale?

Un’obiezione frequente all’abolizione della moneta contante è costituita dall’affermazione che tale abolizione non sia affatto necessaria: basterebbe rendere scaricabili tutte le tipologie di spesa da parte di tutti i contribuenti per creare un contrasto di interessi che renderebbe vantaggioso richiedere la fattura o lo scontrino per poter attestare la spesa effettuata e conseguire il relativo vantaggio fiscale.
Tale affermazione è, a mio parere, inficiata da un errore concettuale di base: non considera, infatti,  che il risparmio per l’evasore non è costituito dalla semplice sottrazione dell’imponibile IVA ma anche dal maggior fatturato nascosto, e quindi dal risparmio IRPEF e dalla possibilità di accedere a servizi pubblici gratuiti o di ottenere criteri di preferenziale assegnazione di beni e servizi sulla base di un basso ISEE.
Ora pensate, a solo titolo di esempio, al vostro meccanico di fiducia: se costui, a fronte di tutti i vantaggi che gli derivano dall’evasione, vi offre la stessa riparazione a 100€ se fatturata e a 60€ se in nero il vostro risparmio fiscale dovrà essere almeno pari al 40% per convincervi a richiedere la fattura (senza considerare che al nero il risparmio sarebbe immediato mentre scaricando la spesa dovrete aspettare molto più tempo e fare più fatica in termini di redazione della dichiarazione fiscale).
Ma aliquote di detraibilità così elevate non sono praticabili, in quanto finirebbero per superare il maggior gettito risultante dall’imponibile emerso, con il risultato di una perdita certa per l’Erario.
SOLO SE NON ESISTE AFFATTO LA POSSIBILITÀ DI PAGARE IN CONTANTI IL SISTEMA PUÒ FUNZIONARE!
Un ulteriore riscontro all’inefficacia del sistema di detraibilità assoluta lo troviamo nella recente indagine effettuata dalla Corte dei Conti sugli esiti dell'attività di controllo fiscale svolta all'Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza (ottobre 2013).
In tale analisi è analizzato l’esito del riconoscimento di una detrazione fiscale ai fini IRPEF  fino ad un massimo del 50 % per le spese di ristrutturazione delle abitazioni e delle parti comuni degli edifici.
Ebbene, i controlli effettuati dall’amministrazione finanziaria nel corso degli anni, hanno fatto emergere rilevanti evasioni fiscali nonostante la modalità di pagamento “tracciata”, ovvero il riconoscimento nel corso degli anni di rilevanti detrazioni fiscali senza il corrispondente versamento delle imposte da parte dei soggetti erogatori delle prestazioni.

giovedì 2 gennaio 2014

Evasione fiscale, lavoro nero e concorrenza sleale: un circolo che si autoalimenta.

La violazione di norme tributarie ed il ricorso a forme di lavoro “nero” creano svantaggi concorrenziali nei confronti degli imprenditori che hanno operato correttamente: il minor prezzo del prodotto, infatti, sul quale non ha gravato l'onere fiscale effettivo, è più vendibile sul mercato in danno degli imprenditori onesti.
L’evasione è quindi fonte di concorrenza sleale, perché l’evasore può praticare prezzi inferiori.
L’ex Presidente del consiglio Mario Monti ha a tale proposito evidenziato che l’evasione è “concorrenza sleale tra imprese e un modo in cui alcuni cittadini disonesti provocano un danno ad altri cittadini, causando per tutti una pressione più elevata”.
E’ facile comprendere come l’imprenditore disonesto usufruisca di un indebito ma notevolissimo vantaggio concorrenziale rispetto all’imprenditore onesto che fa fronte con onestà e correttezza agli oneri fiscali e sociali: l’imprenditore disonesto, infatti, non soggiace a costi della stessa entità e può pertanto fornire la propria merce/servizi ad un prezzo inferiore, anche quando è meno efficiente dei concorrenti, sommando al risparmio fiscale l’ulteriore beneficio di una accresciuta possibilità di vendita.
L’imprenditore onesto, per mantenere una quota di mercato che gli consenta di sopravvivere, sarà a sua volta costretto a commettere lo stesso illecito, generando un circolo perverso di evasione e concorrenza sleale che si autoalimenta di continuo.
Il problema è molto diffuso: come si rileva facilmente dai dati provenienti dagli studi fiscali di settore l’evasione fiscale non è un illecito commesso solo da grandi imprese tramite complessi meccanismi di false fatturazioni, caroselli IVA, transfer pricing e così via ragionando, come i difensori della moneta contante (e dell’evasione fiscale) vorrebbero far credere, ma al contrario un illecito ad amplissima diffusione.
Vediamo, come è buona abitudine di questo blog, i dati disponibili:

Settore % di incongrui
Barbieri e parrucchieri 54,9%
Ristoranti e pizzerie 48,2%
Bar e caffè, gelaterie 51,1%
Intonacatura e tinteggiatura 48,3%
Intermediari del commercio 37%
Trasporto merci su strada 34,7%
Commercio al dettaglio di alimentari 56,9%
Commercio al dettaglio di confezioni 61,2%

Anche in questo caso, l’abolizione del contante e la completa tracciabilità dei pagamenti potrebbero essere di estremo giovamento alla nostra malandata economia, eliminando gli indebiti vantaggi concorrenziali derivanti dall’evasione fiscale e consentendo al mercato di premiare l’imprenditore (ed il prodotto/servizio) davvero migliore e più efficiente.
Una reale concorrenza, non falsata dall’abbassamento dei prezzi dovuto ad indebiti risparmi fiscali, potrebbe stimolare anche gli investimenti delle imprese, incentivate a migliorare le proprie competenze ed i propri processi produttivi al fine di poter offrire sul mercato prodotti più appetibili ai prezzi più competitivi.

Ne vogliamo parlare?


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