giovedì 2 gennaio 2014

Evasione fiscale, lavoro nero e concorrenza sleale: un circolo che si autoalimenta.

La violazione di norme tributarie ed il ricorso a forme di lavoro “nero” creano svantaggi concorrenziali nei confronti degli imprenditori che hanno operato correttamente: il minor prezzo del prodotto, infatti, sul quale non ha gravato l'onere fiscale effettivo, è più vendibile sul mercato in danno degli imprenditori onesti.
L’evasione è quindi fonte di concorrenza sleale, perché l’evasore può praticare prezzi inferiori.
L’ex Presidente del consiglio Mario Monti ha a tale proposito evidenziato che l’evasione è “concorrenza sleale tra imprese e un modo in cui alcuni cittadini disonesti provocano un danno ad altri cittadini, causando per tutti una pressione più elevata”.
E’ facile comprendere come l’imprenditore disonesto usufruisca di un indebito ma notevolissimo vantaggio concorrenziale rispetto all’imprenditore onesto che fa fronte con onestà e correttezza agli oneri fiscali e sociali: l’imprenditore disonesto, infatti, non soggiace a costi della stessa entità e può pertanto fornire la propria merce/servizi ad un prezzo inferiore, anche quando è meno efficiente dei concorrenti, sommando al risparmio fiscale l’ulteriore beneficio di una accresciuta possibilità di vendita.
L’imprenditore onesto, per mantenere una quota di mercato che gli consenta di sopravvivere, sarà a sua volta costretto a commettere lo stesso illecito, generando un circolo perverso di evasione e concorrenza sleale che si autoalimenta di continuo.
Il problema è molto diffuso: come si rileva facilmente dai dati provenienti dagli studi fiscali di settore l’evasione fiscale non è un illecito commesso solo da grandi imprese tramite complessi meccanismi di false fatturazioni, caroselli IVA, transfer pricing e così via ragionando, come i difensori della moneta contante (e dell’evasione fiscale) vorrebbero far credere, ma al contrario un illecito ad amplissima diffusione.
Vediamo, come è buona abitudine di questo blog, i dati disponibili:

Settore % di incongrui
Barbieri e parrucchieri 54,9%
Ristoranti e pizzerie 48,2%
Bar e caffè, gelaterie 51,1%
Intonacatura e tinteggiatura 48,3%
Intermediari del commercio 37%
Trasporto merci su strada 34,7%
Commercio al dettaglio di alimentari 56,9%
Commercio al dettaglio di confezioni 61,2%

Anche in questo caso, l’abolizione del contante e la completa tracciabilità dei pagamenti potrebbero essere di estremo giovamento alla nostra malandata economia, eliminando gli indebiti vantaggi concorrenziali derivanti dall’evasione fiscale e consentendo al mercato di premiare l’imprenditore (ed il prodotto/servizio) davvero migliore e più efficiente.
Una reale concorrenza, non falsata dall’abbassamento dei prezzi dovuto ad indebiti risparmi fiscali, potrebbe stimolare anche gli investimenti delle imprese, incentivate a migliorare le proprie competenze ed i propri processi produttivi al fine di poter offrire sul mercato prodotti più appetibili ai prezzi più competitivi.

Ne vogliamo parlare?


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